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                     IL CATETERE VESCICALE:
   
                           Mara Marchetti
  I.P.
            Clinica Urologica Università degli studi di Ancona 
                        (Direttore Prof. G. Muzzonigro)

 

         Secondo il Dizionario Medico">

 

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                     IL CATETERE VESCICALE:
   
                           Mara Marchetti
  I.P.
            Clinica Urologica Università degli studi di Ancona 
                        (Direttore Prof. G. Muzzonigro)

 

         Secondo il Dizionario Medico, la parola Catetere ha il seguente significato:

- Anticamente, questa parola designava ogni strumento destinato ad  esplorare un qualsiasi canale, Celso limitò poi la dicitura a quelli destinati ad esplorare l’uretra e la vescica;

- Attualmente, questo termine indica un tubo lungo e sottile (sonda) flessibile o rigido, in metallo, vetro, gomma o materia plastica, destinato ad essere introdotto in un canale, un condotto, un vaso, un organo cavo, per esplorare, vuotare una cavità, iniettare un liquido.

          Per risalire alle origine del catetere, bisogna cercare fin dalle più antiche civiltà:

- gli Egizi ne fabbricarono in rame e/o stagno (3.000 a.C.);

- gli Indù utilizzarono cannule d’oro, di ferro o di legno per dilatare le uretre stenotiche;

- i Cinesi costruirono le loro sonde con buccia di cipolla arrotolata e rivestita di lacca;

- i Romani utilizzarono sonde in rame e/o bronzo, con le estremità ricurve.

          In epoca post romanica, per la costruzione di sonde, venne utilizzato oro e platino, ma soprattutto argento che risultava più facile da lavorare.

 Il grosso problema che emerse fu la non flessibiltà di tali sonde che rendeva estremamente dolorosa la loro presenza in uretra e pericolosa la permanenza. Questo rese necessaria la costruzione di sonde flessibili.

          Gli Arabi provarono la pelle di pesce; Van Helmont (1577 - 1644) propose la fabbricazione con cuoio sottile e colla e di introdurle per mezzo di un mandrino di stecca di balena, ma il cuoio era permeabile alle urine e la colla si dissolveva.

          I primi passi importanti furono fatti nel 1768 da Macquer, che riuscì a sciogliere il caucciù ed ebbe per primo l’idea di servirsene per la preparazione delle sonde. Un certo Bernard (orafo parigino), si impadronì dell’idea di Macquer e ricoprì un tessuto di seta intrecciata, a forma di cilindro, con una soluzione densa di gomma e grazie ad un solvente la gomma penetrava nelle maglie del tessuto.

         Nel 1844 Goodyear consentì alla Medicina grandi progressi grazie alla scoperta della gomma vulcanizzata.

          Nel XIX secolo, quasi contemporaneamente, Joseph Frédéric Benoit Charrière (1803 - 1876) e Pierre Jules Béniqué (1806 - 1851) proposero 2  scale di calibrazione. La prima, la più usata, venne adottata nei paesi anglosassoni dove è conosciuta come “French Scale” ed è graduata in terzi di millimetro.

          Il primo catetere in caucciù di utilità veramente pratica, fu quello di August Nélaton (1807 - 1873) utilizzato anche oggi. Nel 1877 a New York, Tiemann e coll. modificarono la sonda di Nélaton smussando gli orifizi perché risultavano meno traumatizzanti per l’uretra. Era il prototipo della sonda flessibile che si avvolgeva sul fondo dei cappelli o dei berretti dei pionieri. All’epoca ci si preoccupava poco dell’igiene: le sonde venivano pulite nell’acqua del fiume e la saliva serviva da lubrificante.

          Nel 1836 Auguste Mercier inventò la sonda a gomito che recò inestimabili vantaggi nel cateterismo dei prostatici.

          La necessità di mantenere i cateteri in situ, stimolò la fantasia di molti. I primi modelli di una certa affidabilità furono quelli di De Pezzer e di Malécot. Pousson inventò una sonda a cavatappi chiamata anche sonda a “coda di maiale” la cui estremità a spirale si raddrizzava con un mandrino, per poi riprendere la sua forma una volta in situ. La sonda a palloncino di Foley ebbe un immediato, considerevole ed evidente successo.

          Anche affidata alle mani più esperte, la cateterizzazione del prostatico o del soggetto con stenosi uretrale restava un’avventura piena di imprevisti. Pertanto si faceva ricorso al cateterismo solo quando si riteneva che la vita del malato fosse in pericolo.

          Nel 1868 Voillemier sperimentò la puntura sovrapubica.

 Il Cateterismo vescicale è l’introduzione, con posizionamento provvisorio o permanente, di un catetere sterile, in vescica per via transuretrale o  sovrapubica a scopo:

            -diagnostico,

            -terapeutico,

            -evacuativo.

          A seconda dell’impiego al quale è destinato, il catetere possiede fogge e dimensioni diverse ed è costruito con vari materiali per renderlo rigido, semirigido o flessibile.

          Quattro sono i parametri che li distinguono e li differenziano.

1.   il calibro,

2.   il materiale e  la consistenza,

3.   il numero delle vie,

4.   l’estremità prossimale.

Calibro: scala di Charrière (1 Ch = 1/3 di mm). Se utilizziamo un catetere di piccolo calibro, avremo minor rischio di lesioni uretrali, ma una evacuazione più lenta delle urine. Un catetere di calibro maggiore (> 18 Ch) è indicato in caso di ematuria e/o urine torbide.

          In base alla loro consistenza, i cateteri si possono differenziare in:

·     cateteri rigidi: di materiale sintetico, di uso limitato;

·     cateteri semirigidi: in gomma o in plastica (in genere siliconati) il cui

    uso deve essere limitato ai casi di stretta necessità;

·     cateteri molli: in gomma, lattice, silicone, silastic etc.., questi cateteri sono da preferirsi in ogni circostanza ed in particolare quando si prevede un uso protratto nel tempo;

·     cateteri autolubrificanti: in PVC rivestito di sostanze che a contatto con l’acqua rendono il catetere lubrificato. Questi cateteri servono per svuotare la vescica o un serbatoio urinario continente in modo intermittente (non può essere usato per il drenaggio continuo) e per dilatare un restringimento uretrale.

   I cateteri possono essere :

-a una via (utilizzato esclusivamente per il cateterismo provvisorio);

-a due vie (una per il deflusso delle urine e l’altra, dotata di valvola, permette  la distensione di un palloncino all’interno della vescica per un posizionamento stabile del catetere);

-a tre vie (una per il drenaggio delle urine, una per il palloncino e la terza per l’irrigazione).

         In base alla forma dell’estremità prossimale del catetere vescicale, possiamo distinguere:

 a) C. di Nelaton: ha l’estremità prossimale arrotondata e rettilinea, è dotato di 1 o 2 fori di drenaggio contrapposti. Viene usato soprattutto nella donna (es. prelievo di urine in maniera sterile per coltura).

 b) C. di Mercier: generalmente semirigido. La punta (arrotondata), presenta una angolatura (30° - 45°) per favorire nell’uomo l’introduzione nell’uretra membranosa o prostatica; con 1 o 2 fori di drenaggio. Nei casi di ritenzione urinaria da ipertrofia prostatica.

 c) C. di Couvelaire: semirigido, indicato nell’uomo e nella donna in caso di emorragia vescicale (favorisce un buon drenaggio) e dopo intervento di prostatectomia radicale. L’estremità presenta un foro a “becco di flauto” e 2 fori laterali.

 d) C. di Tiemann: semirigido, ha l’estremità a forma conica e con un’angolatura di 30°. E’ indicato negli uomini che presentano restringimento dell’uretra.

e) C. conicolivare: semirigido, dotato all’estremità distale di un’olivella. Viene utilizzato in pazienti con uretra stenotica.

 f) C. di Foley: molle, autostatico (è dotato all’estremità distale di un palloncino gonfiabile che ne permette l’ancoraggio in vescica). Presenta 2 fori contrapposti e simmetrici. La  sua flessibilità ed elasticità assicura un elevato grado di confort al paziente cateterizzato. Il palloncino va gonfiato con 7 - 8 ml di acqua bidistillata o soluzione fisiologica sterile.

g) C. Dufour: semirigido, autostatico, a tre vie (anch’esso è dotato di un  palloncino di ancoraggio e la terza via serve per il lavaggio continuo). Ha la punta con una curvatura di 30 °, a becco di flauto con due fori laterali contrapposti. Viene utilizzato in caso di ematuria importante, per vesciche tamponate.

 h) C. di Pezzer e C. di Malecot: cateteri in gomma, autostatici, usati in passato nella donna. Ormai in disuso, venivano introdotti tramite un mandrino di metallo (sonda scanalata).

i)  Epicistostomia: quando non è possibile drenare le urine per uretram, o in particolari condizioni come durante alcuni interventi chirurgici o nel caso si voglia evitare una lunga permanenza in uretra del catetere può essere utilizzata la puntura sovrapubica.

Il posizionamento del drenaggio epicistostomico può essere eseguito in due modi.

·        Con tecnica di Seldinger.

·        Per puntura diretta.

Nel primo caso si introduce per via sovrapubica un ago in vescica e, all’interno di esso si fa passare un filo guida per pervio il tramite e consentire il passaggio del catetere.

Nel secondo caso il catetere utilizzato è dotato di un mandrino metallico con punta tagliente e può essere introdotto direttamente, previa anestesia locale. La rimozione del mandrino permetterà di drenare direttamente urina.

Il sistema di ancoraggio può essere affidato ad un palloncino gonfiabile (quindi almeno due vie), oppure il catetere può avere l’estremità a “pig tail”, o anche dotato di ali di ancoraggio tipo Pezzer. Generalmente viene fissato anche alla cute con dei punti di sutura o con sistemi adesivi di ancoraggio. Esistono cateteri epicistostomici a tre vie che consentono anche l’irrigazione vescicale.

   

INDICAZIONI

          Perché il cateterismo sia efficace, è importante la scelta del tipo, del materiale, del calibro e della forma del catetere. L’attenta considerazione delle caratteristiche richieste, cioè la lunghezza dello stelo, misura dei palloncini e materiali usati per la fabbricazione, favorirà una migliore selezione.

          La cateterizzazione può essere praticata per le seguenti ragioni:

1. Svuotare il contenuto vescicale, per esempio prima o dopo  intervento chirurgico addominale, pelvico o rettale e prima di alcuni esami;

2. Determinare il volume di urina residua dopo una minzione;

3. Permettere l’irrigazione della vescica;

4. Bypassare una ostruzione;

5. Risolvere una  ritenzione urinaria;

6. Introdurre farmaci citotossici nel trattamento di carcinomi papillari della vescica;

7. Permettere l’esecuzione di test di funzione vescicale (Urodinamica);

8. Misurare l’emissione di urina con accuratezza, per  esempio quando il paziente è in stato di shock;

9. Mitigare l’incontinenza quando non è controllabile con alcun altro mezzo;

10. Svuotare il contenuto vescicale prima del parto.

 

         Le complicanze più frequenti del cateterismo vescicale sono:

-  le infezioni delle vie urinarie,

- i traumatismi uretrali (creazione di false strade) con successiva formazione di stenosi uretrale.

          Particolare attenzione va posta nei confronti delle infezioni urinarie che rappresentano circa il 40 % delle infezioni ospedaliere. Un cateterismo estemporaneo può provocare infezione nel 1-3 % dei casi, un paziente portatore di  catetere a permanenza con sistema a drenaggio aperto, dopo 4 giorni, può sviluppare infezione nel 95 % dei casi. Con sistema a drenaggio chiuso la percentuale si riduce notevolmente, anche se non scende sotto il 20 %.

          Il cateterismo vescicale è una manovra di competenza infermieristica, dietro  prescrizione medica. E’ infatti considerata tra le tecniche che vengono insegnate al primo anno di corso del D.U. per infermieri; non viene fatta distinzione fra cateterismo maschile e cateterismo femminile, e tra cateterizzazione con cateteri molli o semirigidi.

        Il “Mansionario dell’Infermiere” (D.P.R. n. 225 del 14/3/74), all’Art. 2, punto 12, limitava la competenza infermieristica a:

m) cateterismo femminile,

n) cateterismo nell’uomo con cateteri molli;

 la Legge 42 del 26/2/99, ha abrogato tale Decreto.

         Attualmente la normativa che regola la professione infermieristica fa riferimento al Profilo professionale dell’infermiere (Legge n. 739 del 14/9/94) e al Codice Deontologico nel testo approvato dal Comitato Centrale (febbraio 1999). Quest’ultimo, nel caso riteniamo di non essere all’altezza di eseguire la tecnica ci permette di astenerci dalla manovra (2.6:  ...l’infermiere si impegna a non nuocere, ... e 3.3: l’infermiere riconosce i limiti delle proprie conoscenze e competenze e declina la responsabilità quando ritenga di non poter agire con sicurezza. ....).

   

Bibliografia

 1) Storia illustrata dell’Urologia dall’antichità ai giorni nostri. R. Kuss and W. Grégoir.  Ed. Editiemme.

2) Procedure infermieristiche cliniche. Terza edizione. P. Pritchard, J. Mallet.  Edizione italiana a cura di J. Sansoni. Ed. McGraw-Hill Libri Italia srl.

3) Infermieristica clinica. Schemi ed appunti di S. Ortolani. D.U. per Infermieri, Università degli studi - Ancona     AA 1997/98.

4) Guida per la prevenzione e il controllo delle infezioni ospedaliere. Edizione italiana a cura di G.V. De Giacomi, M.L. Moro; Ist. Superiore della Sanità, Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica. Roma, Ist. Superiore della Sanità   1989.