torna a menu collaboratori

Il cateterismo vescicale fra mito e leggenda:
       
dalle infezioni alla procedura

                     Giuliano BonI e Luciano UrbaniII
    Infermiere, Caposala Urologia di Gorizia I  II  Infermiere Urologia di Mestre

 

Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia

XIII CORSO NAZIONALE PER INFERMIERI

"L'assistenza all'anziano tra miti ed evidenze"

FOLGARIA (TRENTO) 26-29 Settembre 2002

 

Dispensa per il simposio sul cateterismo vescicale

Introduzione

Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano circa il 40% di tutte le infezioni ospedaliere. La diffusione tra gli infermieri di comportamenti appropriati fondati su evidenze ed esperienze documentate e consolidate, rappresenta un importante obiettivo per ridurre inutili sofferenze.

Gli aspetti principali dell'assistenza al paziente che deve essere sottoposto a cateterismo vescicale saranno presentati con l'obiettivo di evidenziare:

le indicazioni per il cateterismo,

le procedure e profilassi per il controllo e la prevenzione basate sulle linee guida del CDC di Atlanta (1981), del Comitato Nazionale per la VRQ dell’assistenza del Ministero della Sanità (1996), e dalle più recenti del Ministero Salute Inglese (2001);

le informazioni per l’utente per facilitare l’uso corretto dei presidi e l'adozione di un comportamento atto ad evitare danni o complicazioni, riducendo gli aspetti negativi sulla vita quotidiana.

 

 

Il cateterismo vescicale: la procedura

Prima di tutto presentiamo la procedura di cateterismo finalizzata soprattutto alla buona riuscita della manovra, corredata da alcune indicazioni sull’anatomia dell’uretra, al fine di indicare la “VIA” da seguire durante la cateterizzazione.

La prevenzione delle infezioni urinarie può attuarsi solo se abbiamo la manualità e le conoscenze necessarie a portare a termine il cateterismo, superando le eventuali difficoltà che dovessero subentrare, superando i passaggi critici mantenendo la sicurezza della manovra.

Quindi, dalla pura teoria scendiamo nella pratica di tutti giorni dove l’infermiere deve confrontarsi con le più disparate situazioni in ospedale o nel territorio.

Comunque, è bene precisare che tutte le azioni vanno commisurate alla reale capacità e conoscenza dell’operatore, che nelle difficoltà deve riconoscere i propri limiti e ricorrere ad un collega più esperto o all’intervento medico.

 

Anatomia dell’uretra maschile

Uretra dal greco urethra deriva da orein urinare

L’uretra maschile, che serve da condotto, sia del sistema urinario, che di quello genitale, si estende dal meato interno nella vescica urinaria fino al meato esterno, all’estremità del glande. E’ divisa in tre segmenti: prostatica, membranosa e peniena (10).

 

Nel nostro caso inizieremo dall’esterno all’interno, anche per renderci conto di quello che anatomicamente incontriamo, introducendo un catetere.

 

Uretra peniena:

E’ il segmento più lungo, ed è contenuto nel corpo spugnoso, (circa 15 cm).

Si estende dalla fine dell’uretra membranosa fino al meato esterno. La parte più prossimale dell’uretra peniena prende il nome di bulbo dell’uretra, ed è circondata dal bulbo del pene.

Nella parte terminale all’entrata del glande vi è una piccola espansione, la fossa navicolare, cui segue un prolungamento fino all’apertura del meato esterno.

 

Uretra membranosa:

E’ il segmento più spesso dell’uretra, lungo circa 2/2,5 cm. E’ un organo muscolare, con muscolatura liscia e scheletrica. Quest’ultima costituisce lo sfintere urinario esterno o volontario, che descrive un anello quasi completo attorno all’uretra.

Su entrambi i lati troviamo una ghiandola detta bulbouretrale o di Cowper il cui dotto decorre fino allo sbocco dell’uretra bulbare.

Ai lati dell’uretra membranosa passano i nervi cavernosi prima di entrare nella radice del pene.

 

Uretra prostatica:

E’ la parte più distendibile dell’uretra, lunga circa 3 cm attraversa il tessuto prostatico fino al veromontanum.

Ai lati del veromontanum troviamo le piccole aperture dei dotti eiaculatori. Posteriormente un rilievo longitudinale mediano, la cresta uretrale, rappresenta la continuazione del Trigono superficiale nell’uretra prostatica. Ai lati della cresta uretrale si aprono gli orifizi dei dotti prostatici.

                                                  

Epitelio di rivestimento:

E’ in continuità con quello vescicale. Fino al veromontanum è di tipo transizionale, dislocamente è composto da epitelio colonnare e stratificato. L’uretra inoltre ha un ricco strato sottomucoso vascolarizzato ed erettile.

 

Meccanismi Sfinteriali:

Le basse vie urinarie, vescica ed uretra assolvono alla funzione di raccolta ed eliminazione del prodotto di escrezione renale.

La vescica accoglie l’urina accomodandosi gradatamente in distensione (mantenendo una bassa pressione endovescicale) e nel contempo lo sfintere volontario (e involontario) mantengono una contrazione adeguata.

Al momento della minzione il detrusore (il muscolo vescicale) è contratto aumentando così la pressione endovescicale e contemporaneamente lo sfintere liscio e quello striato si rilasciano ottenendo così la fuoriuscita di urina.

Come detto lo sfintere urinario esterno è posto a livello dell’uretra membranosa composto da muscolatura liscia e scheletrica avvolge ad anello l’intera uretra ed è comandato dal sistema volontario.

Lo sfintere urinario interno è posto a congiunzione tra la vescica e l’uretra è costituito da fibre muscolari disposte in due strati di cui lo strato esterno è continuità con il muscolo detrusore della vescica. Lo sfintere interno è regolato dal sistema involontario.

 

Anatomia dell’uretra femminile

L’uretra femminile è lunga circa 4 cm e larga 6 mm, inizia dal meato interno vescicale e decorre strettamente adesa alla parete anteriore della vagina. Termina, all’orifizio uretrale esterno, che è una fessura verticale, situata in posizione immediatamente anteriore rispetto all’apertura della vagina e circa, 2,5 cm dietro il glande del clitoride.

L’uretra femminile rappresenta per la vescica l’intero meccanismo sfinteriale, ha una robusta parete  muscolare composta da due strati. Uno interno, in continuità con la muscolatura del detrusore, ed uno semicircolare esterno, in continuità con lo strato esterno del detrusore. L’uretra femminile è più facilmente distendibile di quella maschile.

 


 

Cateterismo uretrale maschile

Procedura mediante uso di Kit

a cura di Luciano Urbani, IP Urologia Ospedale di Mestre - 2001

 

La procedura è stata sviluppata seguendo le indicazioni delle linee guida del Ministero della Sanità del 1996 (1). Le indicazioni prevedono che la procedura sia condotta da un solo operatore. Il cateterismo in un soggetto non collaborante richiede l’intervento di un secondo operatore.

Per garantire uno standard nell'esecuzione della procedura e un idoneo e razionale stoccaggio del materiale e garantire un minor dispendio di tempo nel suo reperimento, si consiglia l’utilizzo di kit per il cateterismo.

 

PROCEDURA

1)    Preparazione materiale

Predisporre tutto il materiale necessario alla cateterizzazione:

·         carrello o supporto stabile sul quale posizionare tutto il materiale

·         kit per cateterismo contenente il seguente materiale sterile:

·         telino

·         telino fenestrato

·         garze

·         antisettico

·         lubrificante in siringa

·         soluzione fisiologica in siringa

·         cateteri di diametro vario

·         sacca di raccolta a circuito chiuso

·         guanti monouso

·         2 paia guanti sterili (e di riserva)

·         flacone di soluzione fisiologica e schizzettone sterili per eventuale lavaggio

2)    Preparazione utente:

·         spiegare al paziente la procedura

·         riparare il paziente con paravento se necessario

·         procedere ad accurata igiene intima (se non autosufficiente)

·         effettuare ispezione per evidenziare fimosi, stenosi o malformazioni

·         posizionare il paziente in posizione supina

 

3)    Realizzare un campo sterile:

·         effettuare accurato lavaggio delle mani con antisettico

·         aprire il kit per il cateterismo

·         indossare il primo paio di guanti sterili

·         aprire il telino e disporre il materiale sullo stesso

·         versare l’antisettico su varie garze

·         distribuire parte del lubrificante della siringa su una garza

4)    Antisepsi:

eseguire una accurata antisepsi dei genitali

·         retrarre il prepuzio sul glande, quindi con le garze imbevute di antisettico, procedere dal meato urinario verso la base del glande con movimenti circolari

·         ripetere più volte cambiando la garza fra un passaggio e l’altro

·         lasciare una garza sul meato

5)    Lubrificazione:

·         introdurre nell’uretra la restante parte della siringa con lubrificante o meglio utilizzare un lubrificante con lidocaina monodose

togliere il primo paio di guanti sterili

6)    Scegliere il catetere secondo le necessità e l’esito dell’ispezione

·         aprire le confezioni e disporre il catetere e la sacca sul telino sterile

7)    Pre-cateterismo:

·         indossare il secondo paio di guanti sterili

·         collegare la sacca al catetere

·         distribuire il lubrificante lungo il decorso del catetere dall'estremità distale fino a circa metà della lunghezza

·         posizionare il telino fenestrato attorno al pene

·         posizionare una garza sterile sul pene

8)    Cateterismo:

·         afferrando il pene con una mano utilizzando la garza sterile, introdurre il catetere nell’uretra gradualmente mantenendo il pene perpendicolare all’addome fino ad avvertire la resistenza dell’uretra bulbare

·         successivamente abbassarlo e continuare l’inserimento fino ad avvertire la resistenza prostatica

·          continuare l’inserimento fino al superamento del collo e/o alla prossimità della coda del catetere

9)    Verifica:

·         la fuoriuscita d’urina conferma di aver raggiunto la vescica

·         se l’urina non esce subito, può essere dovuto al lubrificante che occupa temporaneamente il lume, schiacciare un paio di volte il catetere

·         se ancora l’urina non compare aspirare con lo schizzettone, o in caso eseguire un lavaggio per verificare l’effettiva posizione del catetere, prima di diagnosticare l’assenza di ristagno vescicale o anuria

·         iniettare la soluzione fisiologica della seconda siringa, 10 ml, per gonfiare il palloncino del catetere e ritirarlo delicatamente fino a che non si avverte la resistenza del collo vescicale

·         durante l’introduzione se si avverte una resistenza insolita, ritirare un po’ il catetere e ruotandolo sul suo asse cercare una nuova introduzione, sempre con gradualità e senza forzare se non si è convinti della manovra

·         eventualmente per garantire miglior lubrificazione dell’uretra si potrà ricorrere all’introduzione di un lubrificante sterile con beccuccio.

·         durante il gonfiaggio del palloncino se si avverte eccessiva resistenza e/o nel contempo il paziente lamenta dolore, verificare che il catetere sia effettivamente in vescica, utilizzando un leggero lavaggio vescicale

·         posizionare il catetere e i genitali esterni nel seguente modo: estendere il pene sulla parete dell’addome e fissarlo con una garza tenuta ai lati da cerotto, fissare il catetere con un cerotto sull’addome

·         controllare lo svuotamento dell’urina, sospendendo il flusso ai primi 600 ml

·         continuare con intervalli di 30’ con la fuoriuscita di 300 ml ogni volta, fino al completamento (per evitare possibili emorragie), poi lasciare il flusso libero.

10)   Eliminare il materiale

·         Effettuare lo smaltimento del materiale utilizzato osservando le procedure in uso e il rispetto della Legge 626

11) Informazione sulla gestione

·         informare l’utente per facilitare l’uso corretto dei presidi e sul comportamento da adottare per evitare danni o complicazioni, riducendo gli aspetti negativi sulla vita quotidiana.

 

 

La gestione del paziente con catetere vescicale (2) )

a cura di Luciano Urbani, IP Urologia Ospedale di Mestre

 

Quali sono gli strumenti che abbiamo a disposizione per controllare e valutare l'attuazione ed il mantenimento di una buona ed efficace gestione del catetere?

Essi sono essenzialmente:

      1) l'osservazione:

- rilevare e fissare dati oggettivi sulla situazione e sulla gestione del catetere:

- familiari, cultura, ambiente, igiene, stile di vita;

- stato funzionale

- comportamenti dell'utente (movimenti, posizioni e manovre);

- tipo di gestione in uso.

2) l'esperienza: - maggiore è e più capacità si avrà nel discriminare e risolvere i problemi assistenziali;

3) esame delle urine:

- visivo;

- olfattivo;

- multistick

- esame chimico e microscopico

- esame colturale con conta colonie batteriche e antibiogramma.

La presenza di urine torbide, frequente nei pazienti allettati, con la contemporanea presenza di sedimenti deve allertarci e consigliarci ad attuare controlli frequenti ed eventuali provvedimenti.

Avvertire odore di ammoniaca dalle urine suggerisce la presenza di microrganismi che metabolizzano l’urea.

Un esame essenziale e di poco costo ancorché affidabile è il MULTISTICK, una striscia reattiva da immergere in un campione di urine fresche.

Da questa prova si ottengono dati sulla presenza di leucociti, emazie, proteine, glucosio, chetoni, urobilinogeno (una forte presenza può essere scambiata dal paziente e famiglia per ematuria), ma soprattutto sul valore del pH.

La determinazione del pH urinario è necessaria nella gestione e trattamento sia delle infezioni che delle calcolosi urinarie. (3

La presenza di urine alcaline (pH oltre 7,5) suggerisce una infezione con un organismo che metabolizza l'urea come il Proteus Mirabilis. (3)

Altri ceppi di Klebsielle, Pseudomonas, Providencia, Stafilococchi e Coli possono anche produrre ureasi e generare urine alcaline. (3)

Le infezioni urinarie devono essere documentate mediante un'urinocoltura con successiva identificazione dei batteri causali. (4)

 

Complicanze: ostruzione, dislocazione, fuoriuscita.

Nella vita quotidiana il paziente può incorrere, durante manovre o movimenti dovuti a scarsa attenzione, a dislocazioni o fuoriuscita del catetere dalla sua sede.

Tali situazioni determinano, a seconda della violenza e della situazione locale del paziente, disturbi variamente gravi con emissione d’urina o sangue attraverso l’uretra, fino alla completa ritenzione vescicale per ostruzione (a causa del catetere dislocato o per la formazione di coaguli) o per l’assenza del catetere fuoriuscito.

Comunque in presenza di irregolare funzionamento deve essere valutata la presenza di:

- strozzature del tubo di drenaggio e del catetere;

- posizioni e movimenti che provocano trazioni e compressione al catetere e alla sacca di raccolta;

- inquinamento del catetere, dei raccordi e delle sacche.

In relazione a particolari condizioni psicofisiche del paziente possono verificarsi incidenti più o meno gravi ed instaurarsi situazioni disastrose.

Il paziente confuso può strapparsi il catetere con provvisorio danno all’uretra.

Qualora però gli episodi si ripetano il danno può divenire permanente con successiva difficoltosa o impossibile cateterizzazione, evenienza problematica per un paziente con ritenzione cronica d’urina.

Può verificarsi che un paziente pur di liberarsi del catetere lo tagli con una forbice o altro arnese disponibile. Importante è sincerarsi che il pezzo prossimale sia fuoriuscito dall’uretra e non sia stato sequestrato in vescica (situazione che necessita di un indifferibile intervento endoscopico per la rimozione del corpo estraneo).

Una particolare evenienza è il decubito del catetere sul meato e sull’uretra. L’inconveniente può essere di lieve entità e completamente reversibile. In alcuni casi però, in cui sia presente malnutrizione e/o problemi vascolari e/o comportamenti scorretti che persistono nel tempo, il danno può assumere aspetti irreversibili, decubito con apertura del meato o di tutta l’uretra (fino al pube o allo scroto).

Alcuni suggerimenti preventivi:

- evitare il posizionamento di cateteri più grossi del necessario;

- evitare trazioni o pressioni sul catetere;

- ridurre il peso della sacca vuotandola spesso;

- garantire un'appropriata pulizia quotidiana del meato e genitali (compreso il catetere);

- correggere l’eventuale malnutrizione e/o problema di perfusione.

 

Disturbi soggettivi: tenesmo, bruciore, dolore.

Spesso, soprattutto nei primi tempi, la presenza del catetere può dare sensazioni di fastidio, spasmi vescicali, senso di pesantezza, il desiderio di mingere o defecare.

Il paziente può accusare bruciori o addirittura dolore soprattutto alla punta del pene.

Si può avere una modica secrezione di muco causata dall'irritazione dell'uretra per movimenti, trazioni e decubito del catetere.

Tutto questo corteo di sintomi rappresenta la reazione dell'organismo ad una presenza estranea e dev'essere ben differenziata da un'eventuale dislocazione, ostruzione con conseguente ritenzione vescicale o ad una infezione uretrale.

Tale sintomatologia può benissimo essere lenita evitando movimenti e trazioni del catetere, con un'adeguata igiene, un regolare svuotamento intestinale e l'eventuale somministrazione di un antinfiammatorio per via rettale (su ordine medico).

Questa via di somministrazione è preferibile perché si ottiene un buon risultato grazie ad un assorbimento più diretto del farmaco per mezzo delle vene emorroidarie evitando il passaggio nel fegato (dove sarà metabolizzato nei cicli successivi).

Altra condizione particolarmente favorevole a questa via di somministrazione sembra sia la dilatazione dello sfintere anale con conseguente stimolazione delle terminazioni nervose che, per arco riflesso a livello sacrale, porta ad un rilassamento della muscolatura dello sfintere uretrale (innervazione comune (5).

 

Disturbi oggettivi: "si bagna", urine torbide, febbre, ematuria.

La richiesta di visitare il paziente perché continua a bagnare il letto, nonostante la presenza del catetere, deve indurre a controllare il catetere e il sistema di raccolta.

La presenza di febbre, soprattutto se compare dopo brivido, in un soggetto cateterizzato deve indurre al sospetto della presenza di un'infezione delle vie urinarie (IVU):

Gli effetti che favoriscono l'infezione si possono riassumere come indicato da F. De Lalla (6):

1) trascinamento in vescica di microrganismi presenti nell'uretra durante la manovra d'inserimento;

2) maggiore colonizzazione batterica dell'uretra;

3) il lume e la superficie esterna del catetere divengono un condotto di passaggio per la vescica per i germi ambientali;

4) le superfici esterna ed interna del catetere costituiscono un microambiente ideale allo sviluppo batterico;

5) l'adesività batterica alle cellule epiteliali della vescica è aumentata nelle persone con catetere;

6) il catetere, come tutti i corpi estranei, può provocare una flogosi meccanica o chimica della mucosa uretrale e vescicale, nonché ostacolare l'azione antibatterica dei neutrofili;

7) batteri ureasi-produttori possono determinare cristalluria e rendere difficile lo svuotamento vescicale attraverso il catetere, con conseguente aumento della pressione intravescicale e reflusso vescico-ureterale.

Nei portatori di catetere la batteriuria è spesso polimicrobica, potendosi isolare da 2 a 4 specie microbiche diverse. (6)

In questi pazienti il "turnover" dei microrganismi è elevato con isolamento di nuove specie ogni due settimane circa. Nella maggioranza dei casi tale batteriuria è asintomatica. (6)

L'IVU del portatore di catetere rappresenta una delle più frequenti infezioni associate a presenza di un corpo estraneo. (6)

La presenza del catetere rende problematico il trattamento; l'eradicazione del patogeno è difficile e le recidive numerosi. (6)

La presenza di una calcolosi urinaria infetta agisce come fonte per infezioni urinarie continue. (8)

La presenza di un corpo estraneo nel tratto urinario e una vescica neurologica associata a trauma, ictus e condizioni simili sembra contribuiscono all'infezione e alla tendenza a formare calcoli di fosfato ammonio magnesiaco. (4).

 


 

Le origini del protocollo sulla gestione del catetere (2)

a cura di Luciano Urbani, IP Urologia Ospedale di Mestre

 

L'esperienza di assistenza domiciliare è caratteristica per l'assenza del rassicurante ruolo protettivo del reparto ospedaliero. Pertanto si rende  necessario individuare i punti essenziali del fare assistenza a domicilio, tenendo presenti altresì costi e benefici.

Osservando la realtà sul campo, mi sorgevano alcune domande:

·        ha senso imporre un metodo che poi non si mantiene realmente tale per rifiuto, intolleranza o incapacità da parte di paziente e famiglia?

·        il tipo di materiale del catetere influisce sulla qualità della gestione?

·        quali sono le cause di alcuni disturbi “urinari” (tenesmo, perdita d’urina dall’uretra, ostruzione del catetere, ecc.) che accusano diversi pazienti?

·        metodo di gestione del catetere, tipo di materiale del catetere, comportamento del paziente e famiglia sono direttamente collegabili all’insorgenza di infezioni?

·        antibioticoterapia o antibioticoprofilassi sistematica previene o elimina l’insorgenza e la presenza di infezioni?

·        quale farmaco usare e per quanto tempo (e le resistenze batteriche)?

Ho iniziato allora a raccogliere dati sul catetere e le urine, effettuando regolari prelievi mensili per stick, coltura ed esame chimico a ogni paziente seguito.

La terapia antibiotica era prescritta dall’urologo in presenza di disturbi urinari significativi per IVU e solo dopo antibiogramma.

Il 1991 è servito ad approntare e collaudare lo schema di assistenza e di raccolta dati e definire schede e archivi informatici (con i miei mezzi personali a casa).

Alla fine dopo due anni (1992-1993) di assistenza e monitoraggio ho raccolto l’esperienza in prospetti e tabelle comprensivi di dati sull’utente (patologie e durata del cateterismo), tipo di gestione, tipo di catetere, caratteristiche ed esami delle urine, terapia effettuata.

I pazienti assistiti sono stati 35, prevalentemente ultrasettantenni; 26 pazienti erano portatori di catetere vescicale per cause urologiche (ipertrofia prostatica o patologia neoplastica locale) e 9 per cause non neurologiche (demenza, esiti di incidente). Complessivamente sono state effettuate 300 visite domiciliari, inseriti 219 cateteri vescicali (6 cateteri mediamente per paziente) effettuati 243 stik e 218 esami urine. Sono inoltre state effettuate 215 urocolture di cui solo 4 negative.

L'osservazione dei dati riportati nelle sottostanti tabelle  evidenzia

·        la presenza costante di batteriuria nella totalità dei pazienti anche senza sintomatologia, sia nei portatori da pochi mesi che da vari anni del catetere, sia con l’uso di metodi chiusi o aperti, sia con l’uso di terapia mirata o il tentativo di eradicare l’infezione

·        il continuo turn-over dei microrganismi

·        la presenza contemporanea di diversi ceppi batterici (fino a 4 specie)

·        la presenza di sintomatologia per IVU correlata ad aumento del pH urinario

Inoltre suggerisce:

·        la concordanza dei rilievi degli stick con i dati del laboratorio

·        la sintomatologia per IVU sembra aumenti con l’età, il tipo e il numero di patologie associate, l’assenza di mobilità

·        la mancanza di sintomatologia anche senza profilassi o terapia antibiotica

·        l’impossibilità di “sterilizzare” le urine

 

 

Tabella 1

   

Tabella 2

 

 Tabella 3

Tabella 4

                                                                                

                        

Tabella 5 

 

Tabella 6

Tabella 7

Tabella 8

   

Tabella 9

   

Tabella 10

 

I dati raccolti dimostrano che è il tipo di gestione del catetere che deve essere adattata al paziente e non viceversa, certamente fatta salva l’applicazione dei generali principi di igiene per evitare le contaminazioni.

A conclusione di questo percorso nel gennaio 1994 ho presentato una prima bozza di protocollo al Primario di Urologia e al Coordinatore Sanitario dell’ULSS cui ha fatto seguito l’affidamento, marzo ’94, dei pazienti non deambulanti di sesso maschile portatori di catetere vescicale.

 

   

 

 


 

PH urine e calcolosi

a cura di Luciano Urbani, IP Urologia Ospedale di Mestre

 

La presenza nelle vie urinarie di microrganismi produttori di ureasi, quali il Proteus, Pseudomonas, Stafilococchi, Klebsielle, determina il formarsi di calcoli di fosfato ammonio magnesiaco. Questo enzima scinde l’urea in ammoniaca e anidride carbonica.

L’ammoniaca si idrolizza poi ad ammonio aumentando così il pH attorno a 8-9.

L’anidride carbonica si idrata ad acido carbonico e si dissocia poi in carbonato che precipita insieme al calcio come calcio carbonato. L’ammonio fa precipitare il fosfato e il magnesio nel triplo sale  fosfato ammonio magnesiaco  (struvite) (7).

 

 

 

 

La presenza di un corpo estraneo nel tratto urinario e una vescica  neurologica associata a trauma, ictus e condizioni simili sembra contribuiscano all’infezione e alla tendenza a formare calcoli di struvite (4).

Mentre nei pazienti con vescica neurologica, l'immobilità e le anormalità del bilancio del calcio e del magnesio nelle urine probabilmente sono in grado di contribuire alla formazione di calcoli (4).

Qualora sia presente un catetere, esso stesso è in grado di agire da nucleo per la formazione e la crescita del calcolo di struvite (4).

I fosfati di calcio si formano a pH di 6,6 o più alto, mentre i fosfati di magnesio e ammonio precipitano a pH di 7,2 o più alto ad una temperatura di circa 37 gradi.

Alla luce di quanto esposto  propongo l’applicazione di routine del protocollo di sorveglianza del catetere ai pazienti a domicilio.

Esso si basa fondamentalmente sull’uso sistematico del multistisck per l’esame estemporaneo dell’urina.

Il dato che dovrà essere rilevato con attenzione è il  pH che normalmente è di 5-7.

 

Se è riscontrato un valore superiore a pH 7 in un campione di urine fresche è opportuno effettuare un controllo ravvicinato.

Se alla visita successiva il valore rientra nei limiti si effettueranno visite e controlli normali.     Viceversa se alla visita successiva il valore del pH  si conferma o adddirittura è in aumento è opportuno contattare il medico di base, che valuti la necessità di prescrivere un acidificante per le urine, quale ammonio cloruro per os (solitamente 500 mg per 3 volte al di o maggiore, secondo le indicazioni del medico e le condizioni del paziente).

Se ai successivi controlli ravvicinati il valore è rientrato si ritorna, all’assistenza normale. Se invece, nonostante la terapia con acidificante, il valore si mantiene elevato si deve programmare un esame completo e colturale delle urine.

I prelievi vanno effettuati preferibilmente al mattino e immediatamente recapitati, al Laboratorio di Microbiologia, specificando che si tratta di prelievo da catetere ed eventuale terapia antimicrobica in atto.

I prelievi per l’esame colturale possono essere, eventualmente, conservati in frigorifero per non oltre 24 ore. 

I prelievi per l’esame completo vanno effettuati su un campione di urine fresche. Con i risultati contattare il medico curante (eventualmente l’urologo) per la prescrizione di eventuale terapia.

Se dopo la terapia il valore del pH rientra si attua l’assistenza normale.

Nell’eventualità che persista un valore alcalino elevato è opportuno che, in accordo con il medico di base, si contatti l’Urologia per un trattamento specialistico.

 

 

 

Nell’attesa della definizione di un protocollo operativo per la prevenzione della calcolosi vescicale, in alcuni pazienti e solo in pazienti che hanno ripreso la minzione o comunque non presentavano ristagno vescicale, la sola rimozione del catetere ha dato risultati veramente efficaci per il ritorno delle urine nella norma.

L'adozione del protocollo è supportata dai seguenti motivi:

1.       La semplicità del protocollo confrontata con i benefici per il paziente e la sua famiglia

2.       Si ipotizza, inoltre, la riduzione dei costi dovuta ad una tempestiva e precoce attuazione di terapie mirate.

Molto riguardo l’assistenza infermieristica, soprattutto a domicilio, è ancora da definire e  come avviene nella scienza che si basa sulla continua scoperta di principi che invalidano principi e leggi precedenti, così per l’infermieristica si possono trovare spazi e indirizzi di  ricerca ed applicazione sperimentale.


 

Casi clinici

a cura di Luciano Urbani, IP Urologia Ospedale di Mestre

 

Il Signor Ide

Una situazione esemplare è rappresentata dal caso del Signor Ide di anni 91.

Dimesso dall’ospedale il 28 febbraio ‘95 con diagnosi di "emiplegia destra con afasia, encefalopatia vascolare, catetere a dimora", il paziente viene assiduamente ed amorevolmente assistito dalla nuora.

In un primo tempo è seguito da operatori del Distretto ed ospedalieri per alcune piaghe da decubito che si sono risolte egregiamente.

Nella mia prima visita, il 15 marzo, provvedo a sostituire il catetere e a consigliare comportamenti e indicazioni alla gestione del catetere.

Il paziente beve e mangia pochissimo per una difficoltosa deglutizione, esito della malattia, (la nuora somministra i liquidi lentamente con un siringone cui seguono numerosi colpi di tosse).

Già dopo un paio di settimane, alla richiesta di visita perché il paziente presenta disturbi e si bagna, rilevo un innalzamento del pH che nonostante la terapia con ammonio cloruro e antimicrobici (monuril) rimane costante sui valori di 8-9.

Quindi iniziano i cambi catetere d’urgenza a causa di frequenti occlusioni per la presenza di sedimenti e conglomerati litisiaci.

La coltura effettuata in data 9 giugno evidenzia una conta colonie di 10 alla settima isolando Pseudomonas Aeruginosa sensibile particolarmente alla ciprofloxacina, che Il medico di base per la difficoltà di somministrazione sostituisce con tobramicina im.

L’abbassamento del pH è lievissimo rimanendo sul valore di 7,5.

Nel frattempo i cambi catetere si susseguono con un progressivo aumento della misura del catetere fino a ch 24 a tre vie.

Gli Infermieri del SUEM (118) sono dovuti intervenire in totale per 3 volte, cambiando il catetere per ostruzione evitando altresì al paziente il disagio del trasporto in sede ospedaliera.

Febbri settiche per IVU e affezioni polmonari imperversano così come le somministrazioni di antimicrobici mentre il pH ritorna ai valori di 8-9.

Esasperato per il continuo ostruirsi del catetere applico, istruendo i familiari che dimostrano grande collaborazione, un circuito per il lavaggio vescicale da effettuare minimo per tre volte al di e al bisogno.

Una seconda coltura isola il Proteus Mirabilis cui fa seguito una nutrita somministrazione di antimicrobici orali (sciroppi) contemporaneamente ad ammonio cloruro.

Tutto ciò senza esito perciò d’accordo con il medico di base e i famigliari il 25 agosto ‘95 provvedo a rimuovere il catetere applicando un condom, sperando che il paziente sia incontinente.

Le prove di ristagno vescicale del 26 agosto e 1° settembre hanno evidenziato che il paziente elimina completamente l’urina confermando l’incontinenza.

Il 1° settembre il pH urinario era di 6.

Attualmente mi riferiscono che il paziente presenta urine limpide, non odorose, e le eventuali occasioni febbrili sono legate all’apparato polmonare.

 

fig. 1: Visione generale dell’anno 1995 del Sig. Ide. Numero e modalità degli interventi, cateteri usati, tipo di

gestione, pH urine, terapia in uso, 3 interventi del 118 d'emergenza.

 

 

 

fig. 2 Visione generale dell’anno 1995 del Sig. S. Ide.: andamento del pH urine, quasi costante il valore

ad 8-9, nonostante abbondante terapia antibiotica, che ritorna nella norma il 1° settembre solamente con

 la rimozione del catetere.

 

 

Il Signor Luigi

Il signor Luigi di anni 82, è portatore di catetere vescicale per ipertrofia prostatica inoperabile in soggetto affetto da enfisema polmonare, stenosi carotidea bilaterale e miocardiosclerosi.

Ho effettuato la prima visita a gennaio '94, in quel periodo, a seguito di due colture iniziali, il medico di base aveva prescritto una terapia antimicrobica. Dopo un paio di mesi, è stata applicata una valvola cateterica in sostituzione del comune tappo, da quel momento è seguito un periodo di assenza di disturbi e di miglioramento della qualità di vita (l'utente si sente sicuro, non si bagna più le dita per urinare, non ha più il terrore di bagnare letto o indumenti a causa del tappo che si sfila).

Fra settembre ed ottobre ‘94 ho rilevato un innalzamento del pH fino ad 8 subito corretto con dell’ammonio cloruro per os (su prescrizione del medico di base).

Già a novembre il pH era ritornato al valore di 5,5 (figura 1).

Da allora fino a novembre‘95 il valore del pH è rimasto costantemente su quel valore (figura 2).

 

                 fig. 1        Visione generale dell’anno 1994 del Sig. Luigi.

 

                 fig. 2        Visione generale dell’anno 1995 del Sig. Luigi.


 

Il Signor Sante

E' questa una situazione difficile. Al sig. Sante di anni 64, paziente non autosufficiente per problemi psichiatrici, è stato inserito il catetere per ritenzione d'urina con grave distensione vescicale (ristagno vescicale >4 litri) a causa di ipertrofia prostatica aggravata da terapia con psicofarmaci.

Egli vive da solo e può contare sull'accudimento di un'operatrice sociale, limitato ad alcune ore nella giornata, e sulla  sorveglianza psichiatrica territoriale.

L'operatrice si occupa dei pasti, delle pulizie dell'alloggio, controlla che il paziente effettui l'igiene personale, attua le indicazioni dell'assistente sociale, si occupa dei problemi burocratici, eroga quotidianamente una cifra stabilita per le sigarette di cui è accanito consumatore (2-3 pacchetti al giorno) e per "l'ombretta" di vino.

La situazione così stabilizzata è precipitata con l'avvento della ritenzione d'urina.

Al ritorno a casa con catetere e sacca da letto è cominciato un periodo terribile, soprattutto, per l'operatrice.

Non c'era un momento di pace, il sig. Sante si bagnava continuamente a causa di comportamenti scorretti, ogni giorno il letto era fradicio d'urina.

Quotidianamente usciva per andare al bar, seguendo un itinerario a lui abituale, con il sacchetto in mano, spesso si strattonava il catetere (non accettando il presidio), spargeva ovunque urina, determinando un vero disastro.

Quando mi è stato affidato il caso ho interpellato l' urologo, per verificare la corretta indicazione all'uso della valvola cateterica.

Poi ho contattato il medico di base per comunicare le indicazioni dell'urologo e concordare il tipo di gestione del catetere che suggerivo di attuare.

Quindi ho applicato la valvola, istruito all'uso l'utente e l'operatrice, e attuato, con l'aiuto di quest'ultima, le strategie per ricordare all'interessato la necessità di vuotare spesso la vescica (ripetendolo spesso, affiggendo cartelli in ogni stanza).

In questo modo la situazione è tornata in equilibrio con una minore sofferenza da parte di tutti.

Il sig. Sante, anche se rifiuta sempre il catetere vive meglio, ed è migliorato il rapporto con la comunità.

Si possono osservare nelle pagine seguenti le schede relative agli anni 1996, '97, '98 (fig. 1,2,3,)

Da dicembre '96, dopo un secondo rifiuto di sostituire il catetere a domicilio, si è concordato con lo psichiatra di far accompagnare il sig. Sante in reparto di urologia per prestazioni periodiche.

Dal 12 giugno'98 l'utente è seguito dagli operatori del Distretto.

Ho presentato questo caso proprio perché rientrava nel gruppo dei "non consigliabili" all'uso della valvola cateterica data l'inaffidabilità della persona. La decisione di attuare questo tipo di gestione è stata certamente la soluzione migliore per l'utente e per quanti sono in contatto con lui, pur non avendo la sicurezza del regolare svuotamento della vescica.

 

Fig. 1       Scheda utente con visite del 1996

 

   

Fig. 2       Scheda utente con visite del 1997

 

Fig. 3       Scheda utente con visite del 1998

 

 

Conclusioni

La nostra esperienza presso la divisione di urologia e il domicilio dei pazienti ci ha portato ad evidenziare gli elementi di criticità nell’ eseguire un cateterismo e ad evitare manovre disinvolte o insufficienti che possono determinare conseguenze negative per il paziente (traumi, false strade, uretrorragia e/o ematuria, infezioni).

La definizione del corretto percorso assistenziale e la dotazione di adeguate risorse possono determinare un miglioramento nell’assistenza e nella prevenzione delle infezioni.

 

giuliano.bon1@virgilio.it    luciano.urbani@inferweb.net

siti consultabili:  WWW.INFERMIERIONLINE.NET         WWW.INFERWEB.NET

 

 

Bibliografia citata

 1)      Ministero della Sanità, Comitato Nazionale per la v. q dell’assistenza: Prevenzione delle infezioni delle vie urinarie nei pazienti con catetere: un progetto nazionale” Gennaio 1996

2)       Luciano Urbani: “Esperienze per una gestione qualificata del catetere vescicale a domicilio” –
Novembre 1995

3)       Franklin C. Lowe, Charles B. Brendler : "La valutazione del paziente urologico" da UROLOGIA DI CAMPBELL - Ed. Verduci - Roma 1993

4)       George W. Drach : "Calcolosi urinaria: etiologia, diagnosi e terapia medica" da UROLOGIA  DI CAMPBELL - Ed. Verduci - Roma 1993

5)       Barbara Innes: " Mantenere la funzionalità renale e intestinale” e   “Assistenza ad una persona cateterizzata" da: Sorensen - Luckmann : "Nursing di base" - Ed.Ambrosiana - Milano 1982

6)       Fausto de Lalla: "Le infezioni delle vie urinarie” - Ed. Medico-Scientifiche - EDIMES - Pavia 1992

7)      Fredric L. Coe, Murray J. Favus : "Nefrolitiasi" da HARRISON, Principi di Medicina Interna - Ed. McGraw-Hill - Milano 1992

 

Bibliografia consigliata

 ·         C. D. C.: “Guidelines for Prevention of Catheter-associated Urinary Tract Infections”  Atlanta - U.S. Department of Health and Human Services, CDC, 1981

·         C. D. C.: “Guidelines for Handwashing d hospital enviromental control”  Atlanta - U.S. Department of Health and Human Services, CDC, 1985

·         Cortecchia V., Finzi G., Taddia P., Bandini A. :”La prevenzione delle infezioni ospedaliere associate a cateterismo vescicale” Bologna  1988;

·         ;Moro M. Luisa: “Infezioni ospedaliere. Prevenzione e controllo. Centro scientifico Editore, Torino 1993

·         Emil A. Tanagho:  “Anatomia del tratto urinario inferiore”  da Campbell -  Verduci  editore
    edizione italiana Volume 1

·         Ballantine Carter H.: ”Strumentazione ed endoscopia: Cateterismo uretrale” da Urologia di Campbell  – Ed. Verduci – Roma 1993

·         Luciano  Urbani : “Sorveglianza urologica 1992-93: monitoraggio infezioni urinarie su pazienti con catetere vescicale” relazione al Corso AISTOM su :”Incontinenza urinaria e  fecale” Osp.Villa Salus - 20 maggio 1994

·         Domenico Florian, Luciano Urbani : “Catetere vescicale a domicilio: l’esperienza di Mestre” relazione al 2° Convegno Lombardo A.I.UR.O.   Mantova - 22 marzo 1997.

·         Luciano Urbani: “Prova cateteri silasil a domicilio” -  pubblicazione RUSH -Novembre 1997:

·         Brugnolaro G., Petrova N., Vianello F., Zampieron F. “ Indagine sulle tecniche di lubrificazione nel cateterismo vescicale maschile” atti V° Congresso Nazionale AIURO, Palermo 7-9 ottobre 1999;

·         Luciano Urbani: “Valvola cateterica ovvero come migliorare la qualità di vita alle persone con catetere vescicale” - pubblicazione RUSH - giugno 1999

torna a menu collaboratori