Assistenza Infermieristica Urologica Domiciliare

"Catetere vescicale a domicilio: l'esperienza di Mestre"

di Domenico Florian, AFD e Luciano Urbani, IP

 

 

Relazione presentata al

 2° Convegno Lombardo A.I.UR.O.

(Associazione Infermieri di Urologia Ospedaliera)

Mantova 22 marzo

1997 

 

Programma:                                           torna alla pagina documenti  

 

Premessa - a cura di D. Florian


1) Origini del protocollo 1991-1994 - a cura di L.Urbani


2) Protocollo e schemi di assistenza - a cura di D.Florian e L.Urbani


3) Segni e sintomi - a cura di D.Florian


4) Ph urine e calcolosi - a cura di L.Urbani

5) I numeri dell’assistenza - a cura di L.Urbani


6) Conclusioni e prospettive - a cura di D.Florian


Bibliografia


Note a Origine del protocollo di L.Urbani

 

luciano.urbani@inferweb.net

 

Premessa

Da un episodio occasionale del 1991 (necessità di controllare un paziente cateterizzato ) si sono create le premesse che ci hanno consentito di allargare progressivamente le nostre conoscenze, porre delle domande, tentare di stilare dei protocolli, insomma di creare un’esperienza sul tema dell’assistenza domiciliare al paziente cateterizzato.

Infatti si era posto il problema di alcuni pazienti che erano obbligati ad usufruire delle strutture ospedaliere per delle problematiche infermieristiche che si potevano risolvere a domicilio. ( piaghe da decubito, gestione del catetere vescicale, terapia antalgica, ecc.)

Per tale motivo la Capo dei Servizi Sanitari Ausiliari utilizzò alcuni operatori ospedalieri sino a quando i distretti divennero operanti ed in grado di gestire anche l’assistenza domiciliare.

Si ritenne comunque di utilizzare le esperienze degli operatori di urologia, dialisi, terapia antalgica come supporto nell’assistenza e quindi dal 1994, 4 infermieri professionali assistono a domicilio i pazienti cateterizzati non deambulanti.

Sin dai primi approcci ci siamo posti numerose domande, molte delle quali tutt’oggi irrisolte, tentando, con la collaborazione di microbiologi, specialisti urologi, igienisti, di formulare dei protocolli operativi e senza il supporto di bibliografia che si dimostrò carente sull’argomento.

Partendo quindi dai protocolli ospedalieri formulati a suo tempo secondo le indicazioni del CDC di Atlanta ,di Finzi -Taddia e di M.Luisa Moro, abbiamo cercato di applicare quelle regole anche a domicilio adattandole comunque ai bisogni del paziente :

 

    • indicazione alla corretta cateterizzazione
    • scelta ragionata del catetere (CH-tipo-materiale)
    • modalità di esecuzione della pratica
    • adozione ove possibile del circuito chiuso
    • educazione sanitaria e norme comportamentali sulla gestione del catetere.


 

1) Le origini del protocollo (1991-1994) di L. Urbani

Quindi andare a domicilio significava abbandonare le sicurezze dell’ambiente protetto e ben codificato, e affrontare le innumerevoli variabili riguardo paziente-famiglia-habitat in mancanza di protocolli specifici o indicazioni, almeno in Italia.

Per cui era necessario individuare i punti essenziali del fare assistenza a domicilio, tenendo presenti altresì costi e benefici.

Osservando la realtà sul campo, mi sorgevano alcune domande:

 

      1. ha senso imporre un metodo che poi non si mantiene realmente tale per rifiuto, intolleranza
        o incapacità da parte di paziente e famiglia?
      2. il tipo di materiale del catetere influisce sulla qualità della gestione?
      3. quali sono le cause di alcuni disturbi "urinari" (tenesmo, perdita d’urina dall’uretra, ostruzione del catetere, ecc.)
        che accusano diversi pazienti?
      4. metodo di gestione del catetere, tipo di materiale del catetere, comportamento del paziente e famiglia sono direttamente collegabili all’insorgenza di infezioni?
      5. antibioticoterapia o antibioticoprofilassi sistematica previene o elimina l’insorgenza e la presenza di infezioni?
      6. quale farmaco usare e per quanto tempo (e le resistenze batteriche)?

 

Ho iniziato allora a raccogliere dati sul catetere e le urine, effettuando regolari prelievi mensili per stick, coltura ed esame chimico a ogni paziente seguito.

La terapia antibiotica veniva prescritta dall’urologo in presenza di disturbi urinari significativi per i.v.u. e solo dopo antibiogramma.

Il 1991 è servito ad approntare e collaudare lo schema di assistenza e di raccolta dati e definire schede e archivi informatici (con i miei mezzi personali a casa).

Alla fine dopo due anni (1992-1993) di assistenza e monitoraggio ho raccolto l’esperienza in prospetti e tabelle comprensivi di dati sull’utente (patologie e durata del cateterismo), tipo di gestione, tipo di catetere, caratteristiche ed esami delle urine, terapia effettuata.

 

 

  

La osservazione di questi dati evidenzia:

 

  • la presenza costante di batteriuria nella totalità dei pazienti anche senza sintomatologia
    • sia nei portatori da pochi mesi che da vari anni del catetere
    • sia con l’uso di metodi chiusi o aperti
    • sia con l’uso di terapia mirata o il tentativo di eradicare l’infezione
  • il continuo turn-over dei microrganismi
  • la presenza contemporanea di diversi ceppi batterici (fino a 4 specie)
  • la presenza di sintomatologia per ivu correlata ad aumento del pH urinario

 

Inoltre suggerisce:

    • la concordanza dei rilievi degli stick con i dati del laboratorio
    • la sintomatologia per i.v.u. sembra aumenti con l’età, il tipo e il numero di patologie associate, l’assenza di mobilità
    • la mancanza di sintomatologia anche senza profilassi o terapia antibiotica
    • l’impossibilità di "sterilizzare" le urine

 

Tutto questo per poter alfine formulare il principio che:

è il tipo di gestione del catetere che deve essere adattata al paziente e non viceversa.

Certamente fatta salva l’applicazione dei generali principi di igiene per evitare le contaminazioni.

 

A conclusione di questo percorso nel gennaio 1994 ho presentato una prima bozza di protocollo al Primario di Urologia e al Coordinatore Sanitario dell’ULSS a cui ha fatto seguito l’affidamento, marzo ’94, dei pazienti non deambulanti di sesso maschile portatori di catetere vescicale dell'intera ULSS.

 

 

 

 

  

2) Protocollo e schemi di assistenza - a cura di D. Florian e L. Urbani

Nella formulazione del protocollo abbiamo innanzitutto analizzato le figure che interagiscono nel processo e le variabili ad esse collegate

 

 Nell’approccio con il paziente è necessario valutare nel suo insieme :

- età

- patologia

- autosufficienza (capacità psicofisica di comprendere ed applicare i suggerimenti comportamentali)

- stato psicologico (accettazione del presidio, di patologie invalidanti, della vecchiaia "voglia di morire"

Della famiglia è necessario valutare

- la cultura

- la disponibilità (voglia di assistere)

- la struttura abitativa che assume una certa importanza nella visione generale dell’assistenza ( bagno fuori

casa o a piani diversi dove soggiorna l’anziano, ecc.)


Ci si deve rapportare con il paziente facendo emergere le sue aspettative e proponendo un modello comportamentale che tenga presente gli aspetti sopracitati in quanto non esiste una regola standard: infatti è diverso l’approccio ad un paziente sessantenne colpito dal morbo di Alzheimer rispetto a quello attuato nei confronti di un novantenne allettato ma lucido, oppure all’anziano con vita sociale attiva che ritiene vergognosa la condizione di portatore di catetere e che tende quindi ad isolarsi.


Infine è diverso l’approccio con persone di diversa cultura ed è sempre difficile sensibilizzare le persone che non vogliono il "loro vecchio" a casa .


A questo punto l’infermiere dovrà valutare gli aspetti sopracitati per adottare la miglior gestione in relazione alle condizioni e alle aspettative del paziente e della famiglia.

 

  

 

La soluzione migliore è che si usi il circuito chiuso ma questo a volta cozza contro le abitudini e/o necessità psico-relazionali.

L’obiettivo dell’infermiere è quello di far emergere le potenzialità dell’uomo-paziente e della famiglia per gestire al meglio l’assistenza.

Durante la prima visita dovremo fare le rilevazione citate, sostituire il catetere (se necessario) e fornire le notizie utili per:

    • la gestione del catetere
      • illustrare il funzionamento del catetere e le modalità di fissaggio dello stesso
        (palloncino)
      • Raccomandare di:
        • evitare che la sacca di raccolta sia posta al di sopra del piano
          vescicale
        • di deconnettere la sacca dal catetere e, qualora fosse necessario,
          farlo di eseguire la manovra asetticamente.
        • controllare che il tubo di raccolta non presenti strozzature o sia
          intasato.
        • far attenzione di non strattonare il catetere.
        • fissare il tubo alla coscia in caso di pazienti confusi.
        • chiudere ad intervalli il deflusso dell’urina sino a che il paziente non
          avverte lo stimolo alla minzione e comunque per non più di qualche
          ora a seconda dei casi.

 

Qualora si usasse il tappo si deve essere ben chiari nello spiegare le
manovre necessarie a far defluire l’urina cercando di non contaminare
né il tappo né l’imboccatura del catetere.

 

    • adempimenti burocratici (approvvigionamento del materiale, modalità per ottenere
      esenzioni, invalidità, ecc.)
    • educazione sanitaria ( igiene, alimentazione ecc.)
      • il paziente può fare la doccia o il bagno
      • igiene intima con acqua e sapone e pulizia esterna del catetere.
      • dieta equilibrata ed idropinoterapia, il tutto adeguato all’età e alla patologia.
      • alvo regolare

 

 

Tutto il materiale necessario per il cateterismo o per il controllo troverà posto in una valigetta a più scomparti :

- cateteri di varie misure (ch 14-16-18-20-22) e materiale (silicone-lattice)

- kit sterile (telini monouso, busta di disinfettante, garze, siringa con gel lubrificante, siringa con sol. fisiologica)

- guanti sterili, guanti monouso, siringa da 10 cc., siringone per lavaggio, fisiologica sterile 100 cc., contenitore per lo smaltimento dei rifiuti, striscie per Ph.

 

Nella pratica del cateterismo si deve tener presente che non si lavora in un ambiente protetto e con tutte le risorse a disposizione, pertanto prima di iniziare è necessario predisporre un piano di lavoro che ci permetta di avere il materiale a portata di mano, di mantenere l’asepsi e di smaltire i rifiuti senza difficoltà.

Qualora la visita fosse per un controllo si esegue un lavaggio vescicale con sol. fisiologica che ci permetterà di valutare se tutto funziona a dovere e di intervenire in caso contrario.

Anche in questo caso diventa importante la rilevazione del ph urinario e la predisposizione di un piano di appoggio sicuro.


Da tener presente che in qualche caso cadono i presupposti per cui era necessaria la presenza del catetere e quindi si toglie il presidio (su decisione del medico di Base):

- ripristino di urine chiare dopo ematuria persistente in paziente non ritenzionista.

- guarigione da piaghe da decubito in paziente incontinente e che quindi può usare condom e/o pannolini.

- educazione sanitaria ai parenti di pazienti incontinenti che preferivano l’uso del catetere

al pannolino ( per comodità).

- risposta a terapie farmacologiche.

 

Per qualche tempo il paziente dovrà chiudere ad intervalli regolari il flusso urinario in modo di avvertire lo stimolo alla minzione.

Il mattino del giorno prestabilito si sfila il presidio e si spiega al paziente e ai parenti che potrà avvertire bruciori e tenesmo per cui si raccomanda di bere a sufficienza e di urinare solo quando si avverte un buono stimolo.

Si deve quindi istituire un contatto telefonico sicuro in modo che se dovesse succedere che il paziente andasse incontro ad una ritenzione d’urina l‘intervento sia pronto.

Alla sera si procede ad un ristagno vescicale e si decide se lasciare in sede o meno il catetere secondo la quantità d’urina riscontrata.

Nei giorni successivi si procede ad un ulteriore ristagno vescicale mantenendo comunque un contatto telefonico prioritario.

 

 

 

Modalità dell’assistenza

Durante la visita l’operatore trascrive sull’apposita scheda i dati :

  1. modalità:- programmata o a richiesta dell’utente;
  2. motivo: - cambio catetere, controllo, rimozione o ristagno vescical;
  3. rilevazioni:
    • urine (carattere, colore, odore, presenza di aggregati)
    • diuresi;
    • stick (pH, emazie, leucociti);
    • eventuale assunzione di farmaci antimicrobici o acidificanti;
    • la presenza di febbre, tenesmo, dolore o bruciore.
  1. catetere- tipo, punta, sede, ch, gestione in uso;
  2. materiale- consegnato (sacche, ecc.)
  3. annota eventuali osservazioni o consigli.

 

Consegna la copia al paziente che la conserva per:

    • la valutazione del medico curante;
    • riscontro amministrativo;
    • indicazione per altri operatori;

 

Scheda visita domiciliare

 

 

Attivazione dell’assistenza

I famigliari dell’utente, non deambulante, si rivolgono all’Ufficio Assistenza Infermieristica Domiciliare dell’ ULSS (Distretti di Base) muniti dell’impegnativa del medico curante (con eventuale lettera di dimissione ospedaliera).

Qui ricevono indicazioni alle pratiche burocratiche inerenti a invalidità e protesi.

L’Ufficio invia al Primario di Urologia la richiesta di Assistenza Infermieristica Urologica Domiciliare.

Il Caposala affida il paziente all’operatore secondo lo stradario.

L’operatore contatta l’utente per programmare la visita e comunicare modalità e riferimenti telefonici.

Uno degli operatori, addetto anche all’archivio, registra l’ingresso, la chiusura dei casi, nonché le schede di visita, predispone prospetti mensili e il bilancio consuntivo annuale.

 

 

 

 

 

3) Segni e sintomi - a cura di D.Florian

 

L’infermiere che segue a domicilio un paziente cateterizzato deve aver ben chiaro anche quella che possiamo definire diagnosi dei problemi del circuito.

Il paziente può presentare diversi segni e/o sintomi :

ematuria, uretrorragia, iperpiressia, bruciore, fuoriuscita d’urina dal meato uretrale, stimoli alla minzione.

Causati da

    • un’ostruzione del sistema da
      • strozzatura del catetere o del sacchetto di raccolta
      • malposizionamento del sacchetto
      • strattonamento del presidio
      • coaguli, tappi di muco, formazioni litiasiche
      • fecalomi
    • I.V.U.

A questo punto sta all’operatore distinguere in base ai sintomi e ai segni, al pH, al risultato del lavaggio vescicale quale sia la problematica del paziente, rimuovendone ove possibile le cause e in formando il Medico di Base delle rilevazioni effettuate.

 

 

 

 

  

4) PH urine e calcolosi - a cura di L. Urbani

La presenza nelle vie urinarie di microrganismi produttori di ureasi, quali il Proteus, Pseudomonas, Stafilococchi, Klebsielle, determina il formarsi di calcoli di fosfato ammonio magnesiaco.

Questo enzima scinde l’urea in ammoniaca e anidride carbonica.

L’ammoniaca si idrolizza poi ad ammonio aumentando così il pH attorno a 8-9.

L’anidride carbonica si idrata ad acido carbonico e si dissocia poi in carbonato che precipita insieme al calcio come calcio carbonato.

L’ammonio fa precipitare il fosfato e il magnesio nel triplo sale fosfato ammonio magnesiaco (struvite).

 

 

 

 

La presenza di un corpo estraneo nel tratto urinario e una vescica neurologica associata a trauma, ictus e condizioni simili sembra contribuiscano all’infezione e alla tendenza a formare calcoli di struvite.

Nei pazienti con vescica neurologica, l'immobilità e le anormalità del bilancio del calcio e del magnesio nelle urine probabilmente sono in grado di contribuire alla formazione di calcoli.

Qualora sia presente un catetere, esso stesso è in grado di agire da nucleo per la formazione e la crescita del calcolo di struvite.

I fosfati di calcio si formano a pH di 6,6 o più alto, mentre i fosfati di magnesio e ammonio precipitano a pH di 7,2 o più alto ad una temperatura di circa 37 gradi.

Alla luce di quanto esposto propongo l’applicazione di routine del protocollo di sorveglianza del catetere ai pazienti a domicilio.

 

Esso si basa fondamentalmente sull’uso sistematico del multistisck per l’esame estemporaneo dell’urina.

Il dato che dovrà essere rilevato con attenzione è il pH che normalmente è di 5-7.

Se viene riscontrato un valore superiore a pH 7 in un campione di urine fresche è opportuno effettuare un controllo ravvicinato.

Se alla visita successiva il valore rientra nei limiti si effettueranno visite e controlli normali.

Viceversa se alla visita successiva il valore del pH si conferma o addirittura è in aumento è opportuno contattare il medico di base, che valuti la necessità di prescrivere un acidificante per le urine, quale ammonio cloruro per os. (solitamente 500 mg per 3 volte al di o maggiore, secondo le indicazioni del medico e le condizioni del paziente).

Se ai successivi controlli ravvicinati il valore è rientrato si ritorna, all’assistenza normale.

Se invece, nonostante la terapia con acidificante, il valore si mantiene elevato si deve programmare un esame completo e colturale delle urine.

 

I prelievi vanno effettuati preferibilmente al mattino e immediatamente recapitati, al Laboratorio di Microbiologia, specificando che si tratta di prelievo da catetere ed eventuale terapia antimicrobica in atto.

 

I prelievi per l’esame colturale possono essere, eventualmente, conservati in frigorifero per non oltre 24 ore.

I prelievi per l’esame completo vanno effettuati su un campione di urine fresche.

Con i risultati contattare il medico curante (eventualmente l’urologo) per la prescrizione di eventuale terapia.

Se dopo la terapia il valore del pH rientra si attua l’assistenza normale.

 

Nell’eventualità che persista un valore alcalino elevato è opportuno che, in accordo con il medico di base, si contatti l’Urologia per un trattamento specialistico.

 

 

 

 

Nell’attesa della definizione di un protocollo operativo per la prevenzione della calcolosi vescicale, in alcuni pazienti e solo in pazienti che hanno ripreso la minzione o comunque non presentavano ristagno vescicale, la sola rimozione del catetere ha dato risultati veramente efficaci per il ritorno delle urine nella norma.

Il problema rimane per chi del catetere non può fare a meno.

Nel caldeggiare l’adozione del suddetto protocollo intendo sottolineare alcune cose.

L’importanza rispetto all’esiguità dell’investimento è a mio avviso notevole, soprattutto per pazienti e famiglie, che sono i maggiori beneficiari.

Rilevante risulta pure la ricaduta in termini di risparmio economico dovuta ad una tempestiva e precoce attuazione di terapie mirate.

Molto riguardo l’assistenza infermieristica, soprattutto a domicilio, è ancora da definire e come avviene nella scienza che si basa sulla continua scoperta di principi che invalidano principi e leggi precedenti, così per l’infermieristica si possono trovare spazi e indirizzi di ricerca ed applicazione sperimentale.

 

 

 

 

5) I numeri dell’assistenza - a cura di L. Urbani

E ora una breve carrellata per vedere i dati di tre anni di assistenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

             distribuzione dei rilevamenti del pH nelle urine

 

 

 

 

6) Conclusioni e prospettive - a cura di D. Florian

 

Quello che i nostri Dirigenti ci hanno permesso di elaborare, ci ha aperto ampi orizzonti per sviluppare l’assistenza specialistica, e non sappiamo se ci sarà la possibilità di proseguire nel nostro lavoro che ci ha dato numerose soddisfazioni e la possibilità di portare a voi il nostro modesto contributo.

La nostra aspettativa è che il lavoro non termini qui ; in ogni caso speriamo sia uno stimolo per voi tutti per portare

nelle vostre realtà, se non già esistente, un’esperienza domiciliare specialistica che va ad integrare il lavoro degli operatori dei distretti.

 

 

 

 

Per Informazioni e contatti:

Azienda Ulss 12 Veneziana

Ospedale di Mestre

Via circonvallazione, 50

Unità Operativa di Urologia

 

Domenico Florian, Caposala

Luciano Urbani, Infermiere

Email: luciano.urbani@inferweb.net

 

 

Bibliografia:

  • Franklin C. Lowe, Charles B. Brendler : "La valutazione del paziente urologico" da UROLOGIA DI CAMPBELL - Ed. Verduci - Roma 1993.
  • George W. Drach : "Calcolosi urinaria: etiologia, diagnosi e terapia medica" da UROLOGIA DI CAMPBELL - Ed. Verduci - Roma 1993.
  • Barbara Innes: " Mantenere la funzionalità renale e intestinale" e "Assistenza ad una persona cateterizzata" da: Sorensen - Luckmann : "Nursing di base" - Ed.Ambrosiana - Milano 1982.
  • Fausto de Lalla: "Le infezioni delle vie urinarie" - Ed. Medico-Scientifiche - EDIMES - Pavia 1992 (pag. 32-36).
  • Fredric L. Coe, Murray J. Favus : "Nefrolitiasi" da HARRISON, Principi di Medicina Interna - Ed. McGraw-Hill - Milano 1992.
  • Luciano Urbani : "Sorveglianza urologica 1992-93: monitoraggio infezioni urinarie su pazienti con catetere vescicale" relazione al Corso AISTOM su :"Incontinenza urinaria e fecale" Osp.Villa Salus - 20 maggio 1994.
  • Luciano Urbani: "Bozza Protocollo Assistenza ai pazienti con catetere vescicale a domicilio" relazione al Primario di Urologia e al Coordinatore Sanitario ULSS - Gennaio 1994.
  • Domenico Florian, Luciano Urbani : Esperienza degli operatori della Divisione di Urologia nell’assistenza domiciliare al paziente con catetere vescicale" relazione al Corso AISTOM su :"Incontinenza urinaria e fecale" Osp.Villa Salus - 20 maggio 1994
  • Luciano Urbani: "Esperienze per una gestione qualificata del catetere vescicale a domicilio" - Novembre 1995.

 

 

Note a "Le origini del protocollo" di L.Urbani.

La Dott.ssa Moro, del Laboratorio di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità e componente del Comitato Nazionale per la qualità dell’assistenza del Ministero della Sanità, contattata sia nel 1993 che ultimamente riferisce l’assenza di ricerche epidemiologiche in questo ambito.

E’ del 1996 la pubblicazione da parte del Ministero della Sanità dello studio effettuato dal Comitato Nazionale per la valutazione della qualità dell’assistenza "Prevenzione delle infezioni delle vie urinarie nei pazienti con catetere: un progetto nazionale" documento indispensabile per l’assistenza in ospedale che alla voce durata del cateterismo afferma che dopo trenta giorni, in ospedale, la quasi totalità dei pazienti sviluppa batteriuria nonostante l’applicazione di circuito chiuso.

 

Questo documento è presentato nel numero 5 (settembre-ottobre ’96) de "L’Infermiere" dove a piè di pagina è presentato l’abstrat del mio elaborato "Esperienze per una gestione qualificata del catetere vescicale a domicilio".

 

luciano.urbani@inferweb.net